L’assorta tenerezza della terra
placa arsure di pensieri.
Ora so perchè gli occhi di mio padre
si addolcivano la sera
tra i filari dorati di settembre.
Quale antico fervore
nelle sue mani forti,
nel creare innesti d’alberi
e geometrie d’orti.
Amare la terra era ascoltare
tremori di zolle intirizzite,
stupirsi del frutto che non c’era,
cogliere malinconie di nudi rami
e fremiti di nuovi germogli.
Scivolava sul fiume
il tempo del mio dolce andare
e il cuore ancora freme
all’eco di remote risonanze.
Di ciò che si è amato, sofferto,
nulla si disperde tutto rifluisce
al grande mare della memoria.
Ed ora
questo silenzio di orti e di luna
dà misura dell’universo
– sete di cielo mi travolge –
sento il peso del corpo
farsi ala, preghiera,
e quieto nell’alba
con le palme aperte
mio padre
sparge ancora vita.
Ines Betta Montanelli
Prati di Vezzano Ligure (SP)