Le mani esperte e salde, il buco nel selciato,
il terriccio di bosco, la talea di prosecco
tratta a luna crescente dal buio della cantina,
lo spacco dell’innesto, la marza ben fasciata
di paglia creta e foglie, cullata da corteccia
di salce muschio e sabbia, abbeverata a tazze
d’acqua piovana: aveva gran fretta di vederla
crescere (e di vedermi crescere con lei), pur
sapendo che la vite richiede tempo e cura,
e un’arte distillata da radici di secoli.
Vennero poi la pertica di bambù, i vinci amari,
gli eletti tracci correre per tiranti di ferro
gelso e luce, l’ombria arlecchino dei pampini,
il peso d’oro a grappoli, la vespa invidiosa,
la voglia di follare, e le dita di mosto…
E la casa di sassi cambiava in arabesco,
tessuta di viticci e di tòrtili ghiere,
ebbra di verderame, d’attese di stagione.
Solo di quella vite gusta l’uva, e la vita
per quella casa-vita trascorsa a mani in su,
a polsi tesi e vene dove scorre l’ombrata
trasparenza d’un vino bevuto in controluce.

Pier Franco Uliana
Mogliano V.to (TV)