Seguo la memoria della sorgente
scritta su quei tronchi:
la raggiungevo con passo quieto,
rugginosi i pensieri.
Nostalgie di attese; non gesti non suoni.
Chiama la vena il cuore, ed il polso risponde
lo stesso pulsare-burrasca.
Sulla roccia
si pacifica l’acqua scivolando
Il suo cammino, e scava
un antico consumato corridoio.
Ed io, ogni giorno impasto vento
per la bocca rossa del forno,
e la pietra restituisce pane senza sale.
Voglio i miei anni a girare sul tornio
qui con la creta.
Dov’è il Vasaio
che abita il mio spazio vuoto
e con parole piane dona
esausta eredità di ferite
da suturare, e colori
per le mie vetrate arcobaleno…
Ho liberato il pozzo e
la carrucola “stride” tutta l’acqua
che rovescio nell’orto.
Si è ritirata la belva nei canneti,
Canta l’acqua canta la pietra…
Si rincorrono, memorie parallele,
qui fino al mare
dove sono in attesa.
MACCHIONI FIORELLA
Scandicci – FI