Il tascapane e la bottiglia

E lo ricordò il nonno, il berretto di lana grezza
il vento d’erba alle caviglie
quando all’alba partiva col tascapane e la bottiglia
fumando di spalle nelle chimere dell’estate
il carretto che cigolava piano, come cicala appesa all’albero dei ladri

e la ricordo la strada dell’alpe in salita
annodata al filo di una mezzeria
le ore che cadevano come mele rosse dal taschino
il pane fragrante spezzato a mezzogiorno e la bottiglia del buon Chianti
rosso nettare di Dio assaporato tra i soffioni
insieme ai cuculi che cantavano la vita

scendeva piano in gola quel sorso cristallino
voglioso, scompigliato al cuore
sussiego di piuma in onda
zampillo in conio d’opale
profumato di mora e lampone

poi arrivava l’ultima illusione della sera
il ritorno col carico di legna e di fascine a contare gocce di luna tra le viti
l’ultima stilla del suo Chianti, assaporata piano,
era il compenso di un suonatore stanco
in quel porto dell’anima dove niente può morire.

Al buio lucciole danzavano in frenesia sopra il rosmarino.
L’ultima stilla era la favola più bella.

Sezione 1 a tema fisso 4° cLASSIFICATO
Monari Tiziana – Prato