Non ho saputo tessere parole
Ora che l’equinozio di settembre
batte alle porte, cara,
e spegne fuochi che credemmo eterni,
arde ancora una fiamma che non cede
al volgere dei cosmi, alle stagioni:
è la fiamma tenace che mi avvolse
con l’abbagliante sfolgorio del sogno;
fuoco che brucia ma che non fa male,
se ad accenderlo furono i tuoi occhi
con i falò appiccati dentro al cuore.
Stregone d’artifici e di malie,
cantare avrei voluto il tuo profilo,
serrare la tua luce in uno scrigno,
farne poesia, patto d’amore.
Eppure
non ho saputo tessere parole,
non ho saputo disegnare rotte
per l’aquilone che cercava il vento.
E sì che avevo fili d’oro, spole
imprendibili come le comete
nelle notti d’argento a San Lorenzo.
Maldestro suonatore della cetra,
ora vago smarrito,
trasognato clochard senza canzoni,
nello zaino le note mie randagie,
le mie parole logore e sdrucite.
Ora lo so che mai potrò scalare
la montagna di sole e di cristallo
con in cima le galassie del sogno.
Lo so che dalla luce dei tuoi occhi
mi separa una distanza di stelle.
Sezione 2 a tema libero 4° Classificato Umberto Vicaretti
Roma